Considerazioni
generali sulle sospensioni
di
Luigi Mitolo
Introduzione
Come sono
affascinati quelle vitine colorate poste sulla sommità della forcella. E non
parliamo di quella sul serbatoio del mono. E perché…le ghiere per la regolazione
del precarico?? Eccezionali! Chi di noi non si è fatto sopraffare dalla
tentazione ed ha cominciato ad avvitarle o a svitarle alla ricerca di un assetto
più consono al personale tipo di guida ? E i risultati? Il più delle volte
pessimi o se si otteneva un miglioramento nel misto stretto, nei curvoni veloci
si ballava il twist e viceversa.
Con questo articolo intendo spiegare, nel modo più semplice possibile, il
funzionamento delle sospensioni e quindi come agire sulle singole regolazioni
per ottenere ciò che si desidera. Cominciamo.
Concetti
generali
Il compito di una sospensione è quello di filtrare le
asperità del fondo stradale e di mantenere il più possibile costante l’assetto
del mezzo, cioè di mantenere costanti le misure di interasse, avancorsa,
posizione del baricentro.
Una moderna sospensione è costituita da una molla che collega la ruota al
telaio e da un elemento smorzante, detto ammortizzatore, il cui compito è quello
di controllare la velocità con cui la molla ritorna alla posizione iniziale.
Iniziamo dal primo elemento cioè dalla molla.
La molla
Analizziamo il sistema in figura.

Figura 1 Sistema massa+molla
libero di muoversi sul piano x-z.
Supponiamo che tra
il corpo di massa m e il piano di appoggio non ci sia attrito. Pensiamo di
muovere il corpo in oggetto in modo tale da comprimere (o da estendere) la
molla. La forza necessaria per fare ciò è data dalla seguente legge:
dove k è la costante di rigidità della molla e
x è la misura dello spostamento dalla posizione di riposo. Tale legge ha un
andamento lineare come rappresentato nel seguente grafico.

Figura 2 Variazione della forza
in funzione della posizione della massa
Posizionando la massa in una posizione diversa
da quella di equilibrio si carica la molla di Energia Potenziale. L’Energia
Potenziale è data dalla seguente equazione:
Se lasciamo il
sistema libero, non sarà in equilibrio pertanto tenderà a tornare nella
posizione iniziale, cioè nella posizione che aveva prima che si spostasse la
massa. Durante il ritorno nella posizione di equilibrio l’Energia Potenziale si
trasforma in Energia Cinetica la cui espressione è la seguente:
dove v è la velocità del corpo. Una volta
tornati nella posizione di origine, quindi, tutta l’Energia Potenziale si è
trasformata in Energia Cinetica e quindi il sistema non è ancora in equilibrio.
Questo è il motivo per cui la molla, se era stata compressa, comincia ad
estendersi perdendo Energia Cinetica e riacquistando Energia Potenziale. Questo
processo, in condizioni ideali, andrebbe avanti all’infinito seguendo la
seguente legge:
Il fenomeno fisico
spiegato finora prende il nome di Moto
armonico semplice la cui legge è la seguente:
dove x0 è
l’ampiezza di oscillazione e w è
la pulsazione propria del sistema. Ricordo che la pulsazione propria del sistema
è legata alla costante elastica della molla e alla massa dalla seguente
equazione:

L’andamento in
funzione del tempo di tale moto è il seguente:

Figura 3 Moto armonico
semplice
Queste poche considerazioni fanno già capire
come una sospensione dotata solo di molla renderebbe impossibile la guida della
motocicletta. Ma c’è da fare ancora un’altra considerazione. Supponiamo di
sollecitare il sistema con una forza F ripetuta nel tempo con una pulsazione W
cioè con la seguente legge:
Una situazione del genere si ha quando si va
in moto sul pavè cittadino o su una strada dotata di dossi posti ad uguale
distanza fra di loro. Se tale forza ha lo stesso verso dell’accelerazione del
moto armonico, si avrà un aumento dell’ampiezza di oscillazione (fig.4-a)
altrimenti, se la forza ha segno opposto a quello dell’accelerazione del moto
armonico, si avrà una diminuzione dell’ampiezza di oscillazione
(fig.4-b).

Figura 4 Moto armonico
amplificato e smorzato
Quando la pulsazione W
coincide con la pulsazione propria del sistema w,
si raggiungono le condizioni critiche; quindi si ha un aumento dell’ampiezza che
tende all’infinito e il sistema inevitabilmente va in crisi
rompendosi.
Quanto detto fin ora si può riassumere nei
seguenti punti:
1.
Una massa collegata ad una molla che non si trova nella posizione di
riposo si muove, se lasciata libera, di moto armonico semplice indefinitamente nel
tempo.
2.
Se applichiamo una forza pulsante al sistema massa-molla si può avere una
aumento o una diminuzione dell’ampiezza di oscillazione.
Il problema può essere risolto ricorrendo a
qualche accorgimento che faccia tornare il sistema nella posizione di partenza
con il minor numero di oscillazioni. Tale accorgimento è proprio
l’ammortizzatore che svolge la funzione di smorzatore delle oscillazioni; nel
prossimo paragrafo verrà analizzato attentamente il principio su cui si basa il
suo funzionamento.
L’ammortizzatore
L’ammortizzatore serve a dissipare l’energia
trasmessa dal fondo stradale alla molla della sospensione impedendo, quindi,
all’elemento elastico di oscillare all’infinito o di entrare in risonanza e
quindi di rompersi.
Lo schema di un sistema costituito da un corpo
di massa m, da una molla e da un ammortizzatore è il seguente:

Figura 5 Sistema
massa+molla+smorzatore libero di muoversi nel piano x-z
L’azione smorzante dell’ammortizzatore è
proporzionale alla velocità di spostamento del corpo di massa m secondo la
legge:
R è la forza di
smorzamento, è la velocità
con cui si sposta il corpo di massa m ed c è la costante di smorzamento. Con
l’introduzione dell’elemento ammortizzante si ottiene un moto armonico smorzato, cioè un moto
oscillatorio in cui l’ampiezza di oscillazione tende a diminuire nel tempo.
Esiste un valore di c, chiamato smorzamento critico, per il quale il sistema si
arresta in una sola oscillazione come mostrato nella seguente figura:

Figura 6 Moto armonico smorzato
in condizione di smorzamento critico
Questa è la
condizione da raggiungere quando si interviene sul setup della
motocicletta.
Queste poche
considerazioni sono necessarie e devono essere ben chiare prima di intervenire
sui vari registri per la regolazione delle sospensioni.
In un successivo
articolo verranno spiegate nei dettagli le procedure da adottare per una
corretta taratura delle sospensioni e quindi per migliorare il comportamento
della moto sia dal punto di vista delle sospensioni che della
sicurezza.
Taratura delle sospensioni
1.
Le regolazioni possibili
La sospensione di una motocicletta può essere divisa in due parti: una
elastica costituita dalla molla; l’altra smorzante costituita
dall’ammortizzatore.
La parte elastica si può regolare agendo su appositi registri a vite in
continuo o a scatto in modo tale da aumentare o diminuire la compressione
statica.
La parte smorzante, cioè l’ammortizzatore, può essere regolato sia nella
velocità di compressione che in quella di estensione con registri a vite o a
pomello che comandano degli aghi che servono a parzializzare i fori attraverso i
quali fluisce l’olio idraulico responsabile dell’effetto smorzante.
Agendo sui registri sopra menzionati si modifica il funzionamento delle
sospensioni e quindi il comportamento della motocicletta durante
l’utilizzo.
Vediamo nel dettaglio le tre regolazioni possibili.
2.
Il precarico della molla
E’ importante
precisare che la sospensione non viene mai sollecitata a trazione. Infatti le
molle vengono montate in modo tale da essere sempre un po’ compresse. Questa
compressione iniziale viene chiamata precarico.
E’ altrettanto importante sottolineare che aumentando o diminuendo il
precarico non si varia la costante di rigidità della molla; infatti la rigidità,
k, dipende esclusivamente dallo spessore del filo che la costituisce nonché dal diametro delle spire e dal materiale
impiegato. Intervenendo sul precarico, quindi, si aumenta o si diminuisce la
forza minima necessaria per far reagire la molla o, più semplicemente, si varia
la soglia superata la quale la sospensione comincia a comprimersi. Questo spiega
perché aumentando il precarico si ha la sensazione di avere sospensioni più
rigide: in realtà si rendono solo meno sensibili alle piccole sollecitazioni
conferendo ad esse un funzionamento più secco.
Per capire ancora meglio che cosa comporta la variazione del precarico è
opportuno analizzare il grafico di seguito riportato:

Figura 7
Si supponga che la motocicletta stia percorrendo un tratto di strada
piana e rettilinea. Si assimili la motocicletta, per semplicità, ad un corpo
dotato di una sola sospensione. La forza peso delle masse sospese, pari a
FS, comprime la molla della sospensione fino al valore di
xS. Se ad un certo punto la moto incontra un ostacolo, la sospensione
viene compressa fino al punto xost. poiché l’ostacolo sollecita la
moto con una forza pari a Fost.. A questo punto la molla tende a
riportarsi nella posizione di equilibrio oscillando intorno alla posizione
xS ma sino al valore x1 o x2 a seconda che la
molla sia stata precaricata con una forza F1 o F2; questo
perché, come è già stato detto, la molla della sospensione non può lavorare a
trazione. Da queste considerazioni di intuisce facilmente che con la molla
maggiormente precaricata (F2) si raggiunge la condizione iniziale in
un tempo minore dando la sensazione, però, di una sospensione dal funzionamento
più secco e rigido.
Per semplicità si è supposta la rigidezza k costante ottenendo una
relazione tra carico e spostamento lineare come evidenziato dal grafico di
figura 1. Nella realtà le molle per le sospensioni delle motociclette vengono
costruite in modo tale da avere la k che aumenta all’aumentare del carico in
modo tale da rendere le molle sempre più rigide man mano che vengono compresse.
Questo è ottenuto utilizzando molle a passo variabile per la forcella e
interponendo tra monoammortizzatore e forcellone dei leveraggi che facendo
variare l’interasse dell’ammortizzatore durante il funzionamento conferiscono
una certa progressione alla molla. Un andamento dell’affondamento di una
sospensione in funzione del carico in presenza del k variabile è rappresentato
nella seguente figura.

Figura 8
E’ importante notare che il precarico non deve essere mai superiore al
peso statico delle masse sospese (moto+pilota-ruote-parte delle sospensione
direttamente collegate alle ruote) perché se così fosse le sospensioni
funzionerebbero solo per sollecitazioni verticali superiori al valore del
precarico, comportandosi invece come corpi rigidi per sollecitazioni inferiori.
In queste condizioni l’energia trasmessa dal fondo stradale verrebbe assorbita
quasi interamente dal pneumatico che così rischierebbe di andare in crisi e non
funzionare nel modo corretto perché si troverebbe a fare un lavoro aggiuntivo
(quello delle sospensioni) per il quale non è stato espressamente
progettato.
Il precarico è anche importante per impostare l’altezza statica della
motocicletta. Infatti aumentando il precarico si aumenta l’altezza da terra del
mezzo. Il perché è spiegato qui di seguito.
Poiché il precarico è sempre inferiore al peso statico della motocicletta
si ha una compressione delle sospensioni e quindi un abbassamento del mezzo in
condizioni statiche. Per comprendere meglio questo concetto è necessario
riferirsi alla seguente equazione che lega la forza peso della moto alla
compressione delle molle delle sospensioni:
|
[1] |
Dove:
FS |
Peso statico
della moto che può essere calcolato anche con pilota e
carburante |
K |
Rigidezza
della molla |
X |
Accorciamento
della molla a partire dalla posizione assunta come zero che nel caso in
esame è la posizione in cui si trova la molla quando la ruota è sollevata
da terra |
Precarico |
Accorciamento
iniziale che si impartisce alla
molla |
Poiché FS è costante, deve essere costante anche il prodotto
presente al secondo membro della [1]. Questo vuol dire che, a parità di
rigidezza, aumentando il precarico si riduce l’accorciamento della molla dovuto
al peso della moto e quindi si riduce l’abbassamento del mezzo, cioè si solleva
la motocicletta.
Il precarico va regolato in funzione del peso del pilota e dell’eventuale
passeggero e bagagli ricordandosi che se non si vuole alterare l’assetto della
moto si devono necessariamente accordare i precarichi della forcella e del mono
posteriore. Se invece si vuole modificare l’assetto e quindi il comportamento
del mezzo bisogna tenere conto che un anteriore più precaricato e/o un
posteriore meno precaricato determinano un aumento dell’avancorsa e quindi la
moto risulta più stabile in rettilineo ma più lenta a scendere in piega, meno
reattiva ai comandi del pilota ma meno nervosa. Viceversa un posteriore più
precaricato e/o un anteriore meno precaricato determinano una riduzione
dell’avancorsa che si traduce in un comportamento più agile e quindi la moto
risponde più rapidamente ai comandi del pilota ma diventa necessariamente meno
stabile alle alte velocità.
3. Freno
in compressione e in estensione
Regolando il freno in compressione e in estensione si varia la velocità
con cui la sospensione ritorna alla posizione di equilibrio. Tale velocità viene
modificata grazie alla presenza di fori calibrati all’interno della cartuccia
dell’ammortizzatore attraverso i quali passa una minore o maggiore quantità di
olio. Per capire come la variazione della sezione dei fori attraverso cui
fluisce l’olio dell’ammortizzatore influisce sulla velocità relativa tra stelo e
fodero è necessario considerare la seguente equazione tra l’altro già vista
nell’articolo“Le sospensioni” presente in questo sito:
|
[2] |
Dove:
R |
Forza di
smorzamento che si oppone alla forza proveniente dal fondo stradale che
tende a comprimere la molla |
c |
Costante di
smorzamento |
v |
Velocità di
scorrimento dello stelo nel fodero |
Come si può vedere dalla [2] esiste un legame tra la costante di
smorzamento e la velocità con cui affonda o si estende la sospensione. La
seguente spiegazione teorica più rigorosa servirà a comprendere maggiormente
come è regolato questo legame.
Il moto relativo tra
fodero e stelo della sospensione di una motocicletta può essere approssimato,
come è già stato detto in precedenza,
ad un moto armonico smorzato in cui l’equilibrio delle forze in gioco è
dato dalla seguente equazione:
Dove:
m |
masse non sospese |

|
accelerazione delle masse non
sospese |

|
velocità con cui l’ammortizzatore si
comprime o si estende |
(le restanti variabili sono già state definite
in precedenza).
la [3] è una equazione differenziale del
secondo ordine la cui soluzione, quando la forza frenante è piccola rispetto
alla forza elastica è la seguente:
|
[4] |
dove A e d sono
delle costanti legate alle condizioni iniziali e w,
pulsazione delle oscillazioni, è data dalla seguente equazione:
|
[5] |
Dalle [4] e [5] si nota che aumentando c cioè il freno in compressione o
estensione, l’ampiezza di oscillazione diminuisce più rapidamente così come la
pulsazione w
che determina un aumento del periodo di oscillazione e una diminuzione della
frequenza.
Derivando rispetto al tempo la [4] si ottiene la legge con cui varia la
velocità con cui scorre lo stelo nel fodero:
|
[6] |
A parità di condizioni, aumentando c e quindi il freno idraulico si ha
una riduzione della velocità confermando quanto detto all’inizio del paragrafo.
La [6], tra le altre cose, dice come varia la velocità relativa tra stelo e
fodero in funzione della costante di smorzamento.
A questo punto resta
da capire come a livello pratico agendo sui registi si va a variare la
velocità.
La costante di smorzamento dell’ammortizzatore, a parità di viscosità
dell’olio idraulico e della velocità del fluido, dipende dal diametro di mandata
dei fori attraverso cui fluisce l’olio durante il funzionamento
dell’ammortizzatore. In particolare quando la sospensione viene sollecitata da
un’asperità stradale, da una frenata o da un’accelerazione, si ha un moto
relativo tra stelo e fodero che imprime una velocità v all’olio che viene
forzato attraverso appositi fori calibrati delle cartucce della sospensione. I
registri del freno in estensione e compressione agiscono sugli spilli conici che
parzializzano i suddetti fori. Riducendo la sezione di passaggio si genera, in
prossimità dello spillo, una trasformazione del moto dell’olio da laminare a
turbolento. Nel moto turbolento i vettori velocità del fluido non sono più
orientati tutti nella stessa direzione ma assumono un andamento casuale che
provoca numerosissimi urti molecolari
responsabili dell’attrito viscoso, dell’aumento di temperatura del fluido
e quindi della riduzione della velocità del fluido e di conseguenza della
velocità con cui lo stelo si muove all’interno del fodero. E’ ovvio che
riducendo ulteriormente la sezione del foro calibrato si aumenta la vorticosità
del moto quindi si riduce la velocità con cui la sospensione si comprime o si
estende.
4.
La regolazione delle sospensioni
Prima di procedere alla regolazione delle sospensioni è fondamentale
tener conto dell’importanza di accordare il funzionamento tra la sospensione
anteriore e quella posteriore per limitare al massimo gli scompensi che le
asperità del fondo stradale portano all’equilibrio della motocicletta. Se non si
tiene conto di quanto detto si può incorrere in reazioni anomale della moto in
presenza di sollecitazioni esterne con conseguente pericolo di perdita di
controllo del mezzo. Oltre ad accordare la sospensione anteriore con quella
posteriore è importante accordare l’ammortizzatore con la relativa molla
evitando, ad esempio, di precaricare troppo poco la molla e invece frenare
troppo l’idraulica ottenendo una sospensione che affonda eccessivamente per ogni
piccola asperità e poi fatica a ristendersi.
Altro parametro di fondamentale importanza è la pressione dei pneumatici
che deve essere quella prescritta dalla casa. Regolare le sospensioni con una
pressione delle gomme errata è totalmente inutile.
La regolazione delle sospensioni si può suddividere in due fasi distinte
e separate. La prima è una regolazione statica in cui si regola l’assetto della
moto, cioè l’altezza dell’avantreno e del retrotreno in condizioni di marcia; la
seconda è una regolazione dinamica dove si interviene sui registri per
migliorare il comportamento della motocicletta per esempio durante la
percorrenza di una curva o in frenata.
4.1.
La regolazione statica
La regolazione statica serve
principalmente a regolare l’altezza della moto in condizioni statiche importante
per avere il giusto assetto in condizioni di marcia in rettilineo e una buona
base di partenza sulla quale intervenire per migliorare il comportamento della
moto in condizioni dinamiche.
Per una corretta regolazione è consigliabile seguire la seguente
procedura:
·
Regolazione del precarico
-
Aprire completamente l’idraulica del freno in compressione ed
estensione sia della forcella che del mono.
-
Sollevare completamente le ruote da terra afferrando la moto dal telaio
e non dagli organi delle sospensioni.
-
A moto sollevata, misurare la distanza tra il perno ruota e un punto
fisso del telaio (una vite per esempio). La retta ideale che congiunge il
perno ruota e il punto fisso deve essere il più perpendicolare possibile alla
superficie stradale.
-
Appoggiare la ruota a terra e ripetere la misurazione illustrata nel
punto 3. La differenza tra le due misure viene definito abbassamento
statico della motocicletta. Per le moto medie e maxi sportive e per un uso
su strada, l’abbassamento statico deve essere del 20-30% sull’anteriore e del
6-10% sul posteriore. Per un uso in pista i valori diventano di 15-18%
sull’anteriore e 6-8% sul posteriore.
-
Ripetere la misurazione del punto 4 limitata al solo retrotreno con
pilota a bordo, benzina ed eventuale passeggero e bagagli. In queste
condizioni l’abbassamento del posteriore deve essere del 18-27% per un uso su
strada e del 18-23% per un uso in pista del mezzo (ovviamente in pista
passeggero e bagagli si lasciano a casa). Anche in questo caso la misura deve
essere effettuata prendendo come riferimento quella determinata al punto
3.
· Regolazione
dell’idraulica
1.
Per regolare l’idraulica della forcella, tirare la leva del freno
anteriore.
2. Comprimere
ed estendere la forcella ripetutamente caricandola dal manubrio.
3. Lasciare
estendere la forcella togliendo il carico ma tenendo sempre la leva del freno
tirata. La forcella deve estendersi completamente e successivamente deve
comprimersi leggermente. Se invece la forcella non affonda dopo l’estensione allora il
freno in compressione è eccessivo. Se invece la forcella oscilla per qualche
istante allora è troppo poco frenata in estensione.
4. Per regolare il
freno in estensione del monoammortizzatore è necessario comprimerlo bruscamente
e lasciarlo estendere. L’estensione completa deve avvenire in 1-1,5
sec.
5. Regolare il freno in
compressione secondo quanto indicato nel libretto di uso e
manutenzione.
Terminate queste operazioni è necessario controllare il bilanciamento generale
del mezzo tirando il freno anteriore e comprimendo le sospensioni agendo per
esempio con il piede su un pedalino. In queste condizioni la moto non deve
beccheggiare. Se affonda più l’anteriore allora vuol dire che il freno in
compressione della forcella è insufficiente o le molle sono poco precaricate e
viceversa. Stesso discorso se ritorna più velocemente l’anteriore: il freno in
estensione è scarso e viceversa.
4.2.
La regolazione dinamica
La regolazione dinamica è molto più complessa di quella statica perché in
questa fase subentra anche lo stile di guida e le impressioni del pilota e
quindi le disquisizioni puramente scientifiche e teoriche devono cedere in parte
il posto alle sensazioni che il pilota avverte alla guida della motocicletta. E’
importante effettuare una regolazione per volta procedendo per piccoli passi in
modo tale da sapere sempre in che direzione si sta andando. In base a questo
consiglio, quindi, è sempre opportuno provare un registro per volta girandolo di
uno o al massimo due scatti per ogni tentativo.
Per rendere più facilmente utilizzabile il presente lavoro si riportano
di seguito varie situazioni che possono verificarsi quando le sospensioni non
sono regolate nel migliore dei modi. Sarà facile individuare la situazione che
più si avvicina al comportamento della propria motocicletta e seguire, quindi,
le relative indicazioni.
1. La moto
è rigida in rettilineo e tende a saltellare sulle asperità. Il precarico e
il freno in compressione sono troppo elevati.
2.
Le ruote non copiano le asperità. Il precarico delle molle è
troppo elevato.
3.
La moto tende ad ondeggiare nei curvoni veloci. E’ necessario
aumentare sia il precarico che il freno in compressione.
4.
In frenata la moto si scompone abbassandosi eccessivamente davanti e
sbandando con la ruota posteriore. Le molle della forcella sono poco
precaricate e il freno in compressione è insufficiente.
5.
L’avantreno è imprevedibile e insicuro al centro curva. La
frenatura in estensione è eccessiva o insufficiente. Il freno in compressione è
eccessivo.
6. La moto
tende ad allargare la traiettoria. Il precarico delle molle della forcella è
eccessivo oppure il precarico della molla del mono è insufficiente così come
potrebbe essere eccessivo il freno in estensione del
monoammortizzatore.
7. La moto
tende a chiudere la traiettoria ed il pneumatico posteriore tende a
derapare. Il retrotreno è troppo precaricato o c’è un eccessivo freno in
compressione dell’ammortizzatore. La forcella è poco precaricata.
Riassumendo per una
buona regolazione dinamica bisogna tenere conto che:
1.
Il precarico serve a regolare l’altezza della moto oltre a conferire un
funzionamento più o meno secco delle sospensioni sulle asperità. Pertanto agendo
su questo parametro si modifica il comportamento della moto in curva che può
passare da sotto a sovrasterzante a seconda che si aumenta il precarico della
forcella o del monoammortizzatore.
2.
I freni in compressione e in estensione servono a regolare la velocità
con cui le sospensioni si comprimono o si estendono.
3. La
regolazione delle sospensioni è sempre un compromesso tra le diverse situazioni
che si possono incontrare durante la guida. Infatti una taratura ottimale per la
frenata non lo sarà per una guida su un tratto di strada sconnessa così come un
set up per percorsi tortuosi sarà deleterio per quelli veloci. Almeno nel caso
in cui si usa la moto su strada e non in pista la verità è nel giusto
mezzo.
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